Artisti

Giuseppe Cucè: “L’arte ci insegna a convivere con le emozioni”

Intervista al cantautore siciliano

In questa intervista, Giuseppe Cucè racconta “Cuore d’inverno”, il suo nuovo singolo, un brano che esplora la fragilità e la ricerca di autenticità. L’inverno diventa metafora di introspezione e crescita personale.

Il brano affronta il tema della precarietà delle relazioni, evidenziando la difficoltà di accettarne la natura effimera. Per il cantautore, l’arte aiuta a comprendere e accogliere le emozioni senza esserne sopraffatti.

Anche il videoclip riflette questa tematica, alternando immagini intime a scenari evocativi della memoria e della natura. “Cuore d’inverno” invita a riscoprire l’essenziale, abbracciando la semplicità come chiave di consapevolezza emotiva. 

Giuseppe, in Cuore d’inverno racconti un momento di consapevolezza che nasce dal fallimento e dalla difficoltà di percepire le proprie emozioni. Secondo te, la vera crescita personale avviene sempre attraverso la sofferenza? O esistono altre strade per raggiungere la stessa profondità di comprensione?

Provare dolore, attraversare momenti di difficolta e di sofferenza, certamente provocano una profonda riflessione, un banco di prova importante per ognuno di noi, è superare quella soglia del dolore emotivo restando presenti a sé stessi, ma anche riuscire a non farsi risucchiare dentro lo stesso dolore. La crescita che ne scaturisce non avviene solo e soltanto con la sofferenza di cui certamente si nutre, ma anche attraverso confronti continui e costanti con l’esterno, e con continue e costanti messe in discussione.

Il freddo e l’inverno, nell’immaginario collettivo, sono spesso associati alla solitudine e al blocco emotivo. Nel tuo caso, invece, sembrano essere anche una fase necessaria per ritrovare autenticità. Può esistere un inverno che non sia solo una stagione di gelo ma anche un’energia creativa?

Alcuni di noi amano le stagioni invernali perché offrono la possibilità di raccogliersi in intimità, di coprirsi per proteggersi dal freddo, di cercare il contatto di altri per riscaldarsi, davanti ad un camino acceso, attorno ad un fuoco immersi in un paesaggio di neve, questo raccoglimento può certamente trovare autenticità, ma allo stesso tempo è possibile attraverso la solitudine ritrovare se stessi,  comprendere di essere necessari a se stessi senza aver bisogno di aggrapparsi a qualcun altro.

Scrivi che “le difficoltà nel far durare qualsiasi relazione stanno nel non accertarne la sua fragilità”. Pensi che il problema sia la paura di riconoscere questa fragilità, o la tendenza a negarla fino a quando diventa insostenibile? E secondo te, l’arte può aiutare le persone a sviluppare un’accettazione più naturale della precarietà nei rapporti umani?

L’arte ci offre spunti, può indicarci strade percorribili, può aiutarci a comprendere meglio alcuni procedimenti mentali, spesso creiamo degli schermi, delle armature per proteggerci spesso anche da noi stessi oltre che dagli altri, facciamo fatica ad accertare le fragilità che ci attorniano, proprio perché vorremo sempre camminare su un percorso stabile il più possibile, e non camminare come un trapezista sulla fune sempre in bilico e pronto a cadere ad ogni piccolo passo sbagliato. Così trasciniamo relazioni sterili e non compatibili, proprio perché le idealizziamo e non le accettiamo mai in tutta la loro peculiarità e fragilità.

Il videoclip di Cuore d’inverno si muove tra la dimensione intima della scrittura e un contesto simbolico legato alla natura e alla memoria. Credi che il passato, con le immagini che scorrono nelle televisioni, sia più un riflesso distorto di ciò che è stato o una guida per il futuro? E per te, il ricordo è più spesso un’ancora o una spinta?

I ricordi sono delle istantanee di un tempo già accaduto, e spesso tendono ad essere perfettamente in armonia con il presente, proprio perché filtrano le impurità lasciando solo il bello che contengono, sono un bagaglio importante ma non necessario per la creazione del futuro, ci aiutano però a sentirci sempre in grado di costruirne di nuovi.

Parli di semplificazione come via di riscoperta dell’essenza. In un’epoca in cui l’arte e la comunicazione spesso cercano la complessità e l’elaborazione estetica, come si trova il coraggio di dire meno per dire di più?

A volte anche non dire nulla è sempre meglio di dire troppo, in una società che ci spinge sempre a dover commentare ed esprimere opinioni senza alcun criterio e con poche informazioni, dover sempre esprimere il proprio parere su qualsiasi argomento, far fuoriuscire tutti i pensieri senza alcun filtro sono come il ronzio fastidioso di tanti insetti che si aggregano senza leggersi e comprendersi mai.

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